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sonia scarpante

Scrittura terapeutica

Il lungo e doloroso percorso dalla scrittura autobiografica alla scrittura terapeutica.

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La penna che ricuce la ferita

Riuscire a riconciliarsi con eventi dolorosi attraverso la scrittura

"Chi scrive durante la malattia non sempre sa perché lo fa, ma la scrittura, sempre autobiografica, sembra rispondere ad un bisogno urgente di rimettere insieme elementi e ricordi dell'esistenza"
(Duccio Demetrio, Raccontarsi, l'autobiografia come cura di sé, Ed. Cortina
)

ControCancro (Rivista della LILT)
La penna che ricuce la ferita
di Marta Ghezzi

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Che cos'è la scrittura terapeutica

La scrittura è un viaggio interiore che ci offre la possibilità di ascoltarci e di conoscerci meglio.

Tornare e ripercorrere un passato significa entrare nuovamente nelle sensazioni, nelle emozioni di allora. Significa entrare in un mondo che ci siamo taciuti per lungo tempo perché riprendere la propria storia in toto significa farne parte di nuovo risentendo quelle emozioni, quei sentimenti che ci sono appartenuti e che per lungo tempo ci siamo negati.
 
Per vergogna, per quieto vivere, per poco amore di sé. Lo svelamento di quella storia che ci ha costruito come uomini e donne può portarci lontano se sappiamo accogliere la sofferenza che da essa ne deriva. Oggi che iniziamo ad intraprendere questo percorso non lo sappiamo, ma quando il coraggio sfiancherà le nostre debolezze tutto quel vissuto affiorerà e riprenderà vigore, sazietà interiore. Dobbiamo pretendere coraggio da noi stessi in un percorso di cura. Perché poi quel viaggio interiore ripercorso nella sofferenza ci rivelerà nuove strade, grandi, enormi opportunità.
 
Dobbiamo essere in grado di entrare in quella sofferenza facendola diventare veramente nostra, dobbiamo mutare l’angolo della nostra visuale e chiedere più amore diventando più generosi verso noi stessi.
Non si può fuggire a lungo la sofferenza, gli ostacoli della vita, perché questi prendono forme diverse e sedimentano nei nostri corpi portando via tutte le energie feconde, minando il nostro sistema immunitario. Il corpo come sede della vita non è mai disgiunto dal percorso attivo della mente e solo imparando a liberare la mente dai sentimenti negativi , come la rabbia, il rancore, riusciamo a liberare il nostro corpo dall’aggressione di malattie anche dense nella loro costituzione. Autorigenerarsi nello spirito per autorigenerarsi nel corpo.
 
Questo è stato il mio tragitto e per questo credo sia fondamentale anche il sostegno e la cura che dalla scrittura ne possono derivare.

E proprio il grande oncologo U. Veronesi quest’anno nell’Hotel Quark all’interno di una Conferenza sulla prevenzione e sulla cura ha invitato la platea presente ( la maggior parte donne) a scrivere, a tracciare un percorso introspettivo perché anche lui ha asserito che la scrittura è terapeutica. Ho vissuto sul mio corpo e nella mia mente questa verità, raccogliendo anche molte testimonianze attraverso il volontariato e non solo, e il mio vissuto si fa forte di questa grande verità.
 
La scrittura è una forma creativa che assume significati profondi e che conduce verso un risanamento interiore e corporale di grande potere rigenerativo.

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Le esperienze ed i risultati

Le esperienze sono legate ai molti vissuti che ho potuto raccogliere in questi anni.
 
Attraverso la mia autobiografia “ Lettere ad un interlocutore reale. Il mio senso.” ho sciolto nodi interiori , ricostruito affettività malate e ho ricercato nel profondo la mia vera autenticità.
Sono rinata e come scrive Isabelle Allende nella sua scrittura autobiografica: “ Paula” la scrittura mi ha salvata. Ho pubblicato due libri come esperienze di notevole spessore umano, appartenute ad una cara amica a cui la malattia ha imposto un nuovo modo di porsi al mondo ed una seconda amica Maura che ha trovato la forza di riconciliarsi con quel passato irrisolto solo negli ultimi mesi di vita.

Maura è riuscita a ripercorrere il proprio vissuto con una grande sofferenza che all’età di 13 anni l’ha costretta ad un silenzio mai più celato e che ha preso maggiore consistenza con il sopraggiungere della malattia. Nei gruppi di ascolto legati alle varie Associazioni di Volontariato e nell’ascolto di pazienti nei reparti dell’ospedale , ciò che raccolgo è sempre la medesima verità e non è un caso se tutte queste persone riscoprono nella malattia, nella sofferenza , nuovi interrogativi a cui dare risposte per proteggersi in un percorso finalizzato alla Cura.
 
Credo che la testimonianza di Maura entri perfettamente in questa direzione come percorso rigenerativo per la mente ed , infatti, ella ci ha lasciato consapevole di aver finalmente chiuso il cerchio della propria vita. E lo ha fatto scrivendo, parlandone, riequilibrando quei rapporti affettivi malati  a cui lei si era sempre negata per paura. I risultati che possiamo raggiungere sono alti e di grande crescita interiore ma dobbiamo esserne consapevoli.
 
Non bisogna temere l’imprevedibile che da quel percorso ne deriva perché la verità nei sentimenti conduce sempre ad un appagamento più idoneo nel percorso della Cura.

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Un caso

I casi che potrei annoverare sono molti. Perché le persone che hanno vissuto la sofferenza e che si sono ritrovate dopo un percorso a ritroso sono molte.
 
Alcune di queste hanno trovato la forza e il coraggio di scrivere. Come figure autorevoli penso e cito la grande Isabelle Allende.
 
Scrive nel suo libro “…Ma il racconto mi aveva preso e non potei più fermarmi , altre voci parlavano attraverso di me, scrivevo in trance, con la sensazione di andar dipanando un gomitolo di lana , e con la stessa urgenza con cui scrivo adesso. Alla fine dell’anno si erano accumulate 500 pagine in una borsa di tela e capii che non era più una lettera ; allora annunciai timidamente alla famiglia che avevo scritto un libro. Quel libro mi salvò la vita. La scrittura è una lunga introspezione, è un viaggio verso le caverne più oscure della coscienza, una lenta meditazione”.
 
Rainer Maria Rilke in “ Lettere a un giovane poeta” in una sua lettera inviata al suo giovane allievo scrive: “…E dunque, egregio signore, non avevo da darle altro consiglio che questo: guradi dentro di sé, esplori le profondità da cui scaturisce la sua vita; a quella fonte troverà risposte alla domanda se lei debba creare. La accetti come suona, senza stare a interpretarla. Si vedrà forse che è chiamato a essere artista. Allora prenda su di sé la sorte, e la sopporti, ne porti il peso e la grandezza, senza mai ambire al premio che può venire dall’esterno. Poiché chi crea deve essere un mondo per sé e in sé trovare tutto, e nella natura sua compagna.”.
 
Nel suo testo egli parla di “ discesa nella solitudine, nell’intimo” come forze da cui attingere nuova linfa vitale. La storia di Maura che ho scritto due anni fa è quel caso, quell’esempio di forte testimonianza rigenerata attraverso lo scritto in solitudine.

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Un'alleanza


"Il malato ha soprattutto bisogno nel percorso di cura di rivedersi dentro con tutta la riflessione scaturita dal nuovo senso che la malattia gli impone. In questo percorso abbiamo bisogno di aiuto ed empatia…. La natura rende noi donne più predisposte e più adatte nel costruire rapporti relazionali di empatia e cura e questo è un dono che non si deve assolutamente disperdere".
 


(Lettera di Sonia Scarpante pubblicata su - La Repubblica – Salute- 16.03.06)





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