Sonia, scrittrice, poetessa, attrice e tante altre cose. Due occhi grandi che guardano il mondo ed un cuore aperto alla sofferenza
Sono nata a Milano nel 1958. Dopo aver conseguito la maturità scientifica mi sono laureata in Architettura al Politecnico di Milano e successivamente specializzata in Design e Architettura d'interni, campo in cui ho realizzato buoni progetti nel campo delle ristrutturazioni e d'arredamento.
Nel 2003 ho pubblicato il mio primo libro, un'autobiografia dal titolo Lettere ad un interlocutore reale. Il mio senso, a cui ha fatto seguito Mi sto aiutando con prefazione del Prof. U. Veronesi e Un fiore nella mia anima con prefazione del Dott. Cinieri. Nel settembre 2008 ho pubblicato con mia madre una raccolta di racconti, All'ombra del Vesuvio, che reputiamo di forte valore etico. Ho pubblicato poi due raccolte di poesie: Tracce e Le dimensioni perdute con prefazione di padre Bartolomeo Sorge. Collaboro con riviste di tipo sociologico occupandomi di temi legati alla psiche e al cancro.
Sono stata fiduciaria di "Attive come prima", Associazione che si occupa di terapie di gruppo, e mi occupo di volontariato all'interno dell'Istituto Europeo di Oncologia. Ho fatto parte dell'Associazione Culturale "Le Griots" che ha lo scopo di perseguire, facendo espresso riferimento alla narrazione delle proprie esperienze, finalità culturali e di sostegno ai malati, ed in particolare ai malati oncologici.
Sono presidente dell'Associazione "La cura di sé"
Partecipo a Convegni sulla salute come scrittrice e come studiosa di un tema verso cui mi sento molto versata: il forte legame fra psiche e fisicità.
Mi occupo come docente di corsi di scrittura terapeutica per la Fondazione Giancarlo Quarta.
A luglio 2010 è uscito il mio nuovo testo che si occupa di tematiche legate alla Cura e alla Conoscenza interiore con la Casa Editrice San Paolo. Il titolo: “ Non avere paura. Conoscersi per curarsi”
Nel 2011 ho conseguito l'accreditamento come
Counselor Trainer
presso la S.I.A.F.
Sono stata operata di mastectomia nell’agosto del 1998 dopo un periodo difficile di sofferenza acuta. Dopo i primi giorni di completo disorientamento e di mille domande aperte, ho percepito che dovevo imparare a conoscere in profondità ciò che mi stava accadendo.
La malattia mi ha dato la possibilità di scavare dentro me stessa e, con il tempo della riflessione e del silenzio, di sperimentare nuove affinità, di cogliere il lato essenziale degli eventi.
Come uso dire spesso: “ Sono stata allieva del cancro”.
Il cancro non ha fagocitato la mia mente ma l’ha definitivamente liberata verso altri lidi.
Se riusciamo a farci cogliere dalla vastità della conoscenza e della curiosità verso la vita, anche nella malattia possiamo imparare a leggere “ altro”. Essa può condurci verso un nuovo “sé” e in questo tragitto alcuni strumenti legati alla creatività e dell’interiorità possono aiutare a dilatare i confini.
Durante questo percorso, che io chiamo della conoscenza, sono venuta a contatto con Associazioni diverse.
La prima di queste è “ Attive come prima” : associazione che si occupa della persona accompagnandola in un percorso finalizzato alla cura e all’approfondimento tramite terapie di gruppo sostenute da una psicologa. Il terapeuta affianca e sostiene quelle persone che desiderano aiutarsi per imparare a cogliere nella malattia nuovi interrogativi, per imparare ad attraversare il dolore, la sofferenza, temendola di meno. Le esperienze raccolte da molte donne attraverso quegli incontri hanno sviluppato in me un pensiero che definisco “ fondante” per la mia esperienza: la correlazione profonda fra malattia e psicologia dell’individuo. Da questi incontri di gruppo ho desunto l’insegnamento delle due importanti testimonianze di Maura e Manuela citate nell’ultimo testo: “ Non avere paura”.
Una seconda Associazione in cui ho fatto esperienza diretta con il paziente è “ Sottovoce” che trova sede nell’Istituto Europeo di Oncologia. L’Associazione si occupa essenzialmente di volontariato all’interno dell’ospedale e si è fatta portavoce di esperienze individuali attraverso piccoli testi che sono stati pubblicati all’interno della Struttura. Anche una mia testimonianza “ Mi sto aiutando” con prefazione del Prof. U. Veronesi ha trovato luce in questa ricca produzione interna.
Il mio rapporto con lo IEO è ancora ttivo perché ho conosciuto molti pazienti che mi chiedono a volte di essere accompagnati, di essere sostenuti attraverso una parola, un pensiero fiducioso. Sono pazienti che ho conosciuto durante i quattro anni di frequenza; o conoscenti che sono diventati anche amici nel corso degli anni e che mi chiamano da varie parti d’Italia.
Infine, tre anni fa è nata l’Associazione “ Le Griots” di cui sono socia fondatrice. L’Associazione persegue finalità culturali ed educative di sostegno a tutte le persone e alle loro famiglie che vivono l’esperienza della malattia, facendo espresso riferimento al valore terapeutico della narrazione e della scrittura di sé. Insieme ad altre donne con un percorso similare di malattia abbiamo realizzato un copione che fa riferimento a quelle storie individuali e abbiamo concretizzato il suo valore con la rappresentazione teatrale “ E ancora danzo la vita”. Questa esperienza è stata formativa perché abbiamo capito quanto il teatro possa essere un altro strumento terapeutico per la vita di ognuno di noi.
Nel 2012 è nata infine l'Associazione "La cura di sé" di cui sono Socia fondatrice e Presidente.
L'Associazione prosegue finalità culturali ed educative di sostegno agli ammalati e alle loro famiglie, in particolare agli ammalati oncologici, facendo espresso riferimento alla narrazione delle proprie esperienze.
L'associazione contribuisce alla realizzazione di progetti di aiuto e appoggio nel divulgare agli ammalati oncologici una testimonianza di coraggio e speranza in Italia ed all'estero, anche in collaborazione con altre Associazioni, attraverso corsi di scrittura, conferenze, dibattiti, corsi di educazione terapeutica, trasmissioni radiofoniche e televisive, produzione di libri, riviste, articoli, siti web, CD, DVD e quant'altro possa far giungere tale positivo messaggio.
Il volontariato nasce come percorso di conoscenza perché le storie che ci avvicinano agli altri non sono mai comuni, insignificanti.
E più si sonda il terreno interiore dell’altro più si impara a conoscere la propria interiorità che svela nuove sfaccettature, diverse interazioni.
La condivisione di un percorso di sofferenza spesso ci avvicina maggiormente all’altro e in chi ci ascolta leggiamo dimensioni nostre, riflessioni autentiche.
Il vissuto dell’altro, la sua memoria, apre solchi nel nostro animo quando da quella storia ci facciamo attraversare senza difenderci. Per paura di quell’ignoto che ancora non conosciamo. Aprire all’altro la propria interiorità significa dare fiducia e darsi fiducia perché la relazione apre spiragli , interrogativi che senza l’altro che ascolta non ci ponevamo. La storia dell’altro arrichisce, dilata i nostri orizzonti, plasma le nostre motivazioni. Occuparsi di volontariato significa per me concedersi maggiori possibilità di conoscenza interiore vicendevole. Un mondo interiore che difficilmente possiamo presumere di conoscere per intero.
Un mondo interiore mai definibile nella sua globalità, suggestivo nel suo mistero. Senza relazioni empatiche tutto si sgretola e anche la memoria, il senso del ricordo affievoliscono la loro trama e perdono di carattere propedeutico se non ci facciamo scalfire dalla storia dell’altro.
All’Istituto Europeo di Oncologia incontro donne come me, uomini che vivono il cancro con costernazione, paura, e anche fiducia. Persone che senti subito vicine perché lo stesso viaggio di malattia ha colpito prima te, dieci anni fa, e adesso loro. Solidarizzano con te perché sanno che hai percorso già quel tratto di vita indefinibile e si allineano al tuo sentire chiedendo fiducia e speranza. Le migliori medicine sul campo che possono aiutare chi si trova in questa situazione di disagio. Disagio per l’ignoto, disagio per una malattia ancora considerata tabù, disagio per un cambiamento che è in atto e che fa paura mascherare.
So cosa significa passare da simili vie e l’ascolto è la dimensione più autentica per chi cerca un equilibrio nell’esistenza. Il volontariato mi insegna molto, tanto è vero che i miei impegni aumentano e mi ritrovo, a volte, a fare salti mortali per difendere quella parte feconda del mio vissuto. Nemmeno la forza della scrittura che mi sostiene e mi obbliga a sedute quotidiane e di cui non potrei più fare meno mi fa rinunciare a quell’isola felice.
E sento anche che quel mio “essere presente” mette in campo nuove energie che nella loro libertà mutano la sedentarietà della vita.
Con i primi approcci allo scrivere ho tastato un terreno di nuova fertilità: conscia che non solo dovevo ricostruire quella parte del corpo che si manifestava malata, ma che avrei dovuto anche calarmi maggiormente nelle tele dell’intimo per comprendere, per capire, per affrontare i vecchi dolori che avevo voluto nascondermi.
Lo avverto ancora quello spasmo della scrittura, come allora: quando la mano fluida sulla carta mi portava via nel dolce percorso della memoria, attraverso cui riuscivo a rivedermi bambina, ragazza, giovane adulta.
Con la scrittura liberatoria ho rivisto i momenti della gioia e quelli profondi del dolore, delle sofferenze non dette e di quelle negate. Ho compreso, mentre l’intuizione lasciava posto alla consapevolezza, che le paure e gli interrogativi potevano divenire la mia forza.
Proprio attraverso il mezzo a me più congeniale ho iniziato a maturare una grande forza che è ancora il mio forte sostegno: la forza della vita che non vuole arenarsi mai e che obbliga se stessi a prendere posizione stando ben eretti, per fare del proprio credo un vessillo anche contro il male più temibile.